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Icone nomadi by Carmelo strano
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Icone nomadi by Carmelo strano

Icone nomadi

Carmelo Strano

 

Nella produzione più recente Tsiaras definisce in modo sostanziale e propositivo il rapporto tra atteggiamento concettuale e gestualità. Un binomio, questo, che ha sempre caratterizzato il suo lavoro, determinando ora soluzioni eclettiche ora il prevalere dell’uno o dell’altro aspetto. Dapprincipio l’artista ha assorbito la lezione dei Kline, dei de Kooning etc. Ma la sua ascendenza mediterranea ha presto allentato la forza e il ritmo del gesto, lasciando sempre più spazio a temi e a momenti e fatti narrativi di piglio concettuale. D’altronde, occorre tenere presente che Tsiaras nasce (inizi anni ’70) come artista fotografo impegnato a studiare correlazioni concettuali e ideologiche attraverso una composizione oltremodo duttile, inventiva, intensa. Particolarmente questo è accaduto con le foto realizzate nell’arco di 10 anni, a cominciare dalla fine degli anni ’70. In esse Tsiaras si è rivelato un “performer” allo stesso tempo irrequieto e finissimo, soprattutto con riguardo a esperienze compositive proprie dell’arte dei secoli passati. Un senso filtrato della tragedia greca, una forte carica di ironia, il bisogno di autoindagarsi psicologicamente con la chiamata in causa dei propri familiari (ma senza ossessioni psicanalitiche e piuttosto con un pudore mascherato da uno spirito quasi goliardico): ecco gli ingredienti di queste elegantissime fotografie capaci di far slittare la lettura su un piano mitico-sociale. Questo piglio concettuale via via si è trasferito nei dipinti. Ed ecco l’ultimo, ben caratterizzato, trascinante Tsiaras.

Accenniamo a qualche esempio. Il segno, nel senso di scrittura segnica, entra in rapporto dialettico con l’esagitato dinamismo del colore-forma. Ciò accade talora con dipinti a due scomparti, come nel caso di Popular Piane del 1991. In alto, il leitmotiv di Tsiaras, l’aereo (forma priva di contorno, suscettibile di trasformarsi in un tutto o in un particolare, o di diventare, esso stesso, un indistinto fondale); in basso, quattro bottigliette di Coca-Cola (un recupero metabolizzato evidentemente) simmetricamente ritmate e sovrapposte a una trama segnica sottilissima spesso con allusioni all’aereo. È un esempio, ma se ne possono fare diversi, di come Tsiaras “mette in situazione” o, se si vuole, concettualizza, la sua esuberanza espressiva. È interessante rifarsi, a questo riguardo, alle ceramiche. Questa tipologia oltremodo tradizionale diventa, in Tsiaras, forma provocatoria, e il vaso si fa teatro della messa in situazione di altri oggetti eterogenei che ad esso si sovrappongono. In alcuni casi (ad esempio, in Rewriting del 1989, della serie dei Dipinti bianchi), il segno e la forma nello spazio operativo si diradano, dei blocchi geometrici interagiscono, ora toccandosi, ora tenendosi a distanza, in tesa dialettica con un agglomerato di piccole forme dal segno sottilissimo. Ma Tsiaras passa spesso dalla diradazione alla sovrapposizione e alla compressione. Si considerino da una parte le citate ceramiche di piglio concettuale, dall’altra i cosiddetti Sandwiches, ossia le tele variamente sovrapposte in modo da sortire delle trasgressioni formali in rapporto all’usuale, perfetta geometria del supporto. Da tutto questo si può dedurre un lavoro in continuo movimento su base dialettica. Una incessante sorpresa, queste icone nomadi.